Dove convivono i vicoli antichi e i palazzi dell’architettura razionalista.
L’area che da via Indipendenza si sviluppa verso ovest per raggiungere la via Emilia è particolare per la convivenza di strade secolari e urbanizzazione razionalista del XX secolo, con i palazzi costruiti durante il ventennio fascista inseriti nell’architettura medioevale del centro storico bolognese. La stessa via Indipendenza è abbastanza recente, considerato che questa arteria rettilinea fu costruita intorno al 1890 per collegare direttamente la stazione ferroviaria con piazza Maggiore, diventando il salotto cittadino che presentava Bologna ai viaggiatori e ai turisti.
Prima di allora era invece la parallela via Galliera ad essere la strada del passeggio e degli incontri tra nobili e facoltosi, nei palazzi che le famiglie più in vista si fecero costruire dai migliori architetti. Lungo via Galliera si affacciano numerosi edifici di notevole pregio artistico, che ben testimoniano il gusto dell’epoca nella quale sono stati costruiti, come ad esempio Palazzo Felicini del 1497 o Palazzo Aldrovandi del 1725. Proprio tra queste due costruzioni, sullo stesso lato della strada, si trova la basilica di Santa Maria Maggiore, la più antica chiesa bolognese dedicata alla madonna, con origini che risalgono al VI secolo, quando via Galliera era il kardo major della città romana.
Risalendo via Galliera verso il centro sulla sinistra si apre via Manzoni, dove al n. 4 si trova il quattrocentesco Palazzo Ghisilardi-Fava, sede del Museo Civico Medievale: qui sono esposte numerose opere d’arte che vanno dal VII al XV secolo, è una collezione di grande pregio incentrata sul periodo nel quale Bologna ha espresso la sua maggiore forza politica, economica e quindi artistica, con un’estensione temporale fino al ‘500 inoltrato, con il modello del Nettuno di Giambologna (Jean De Boulogne) utilizzato per la realizzazione della fontana della vicina piazza del Nettuno. Tra il numeroso materiale esposto spicca la statua di Bonifacio VIII in legno ricoperto di lamine di rame dorato, realizzata nel 1300 da Manno di Bandino. Tra arte orafa di epoca longobarda e opere in vetro o in avorio si attraversano i secoli fino alle testimonianze della vita di corte dei Bentivoglio.
Il Palazzo Fava comprende anche il Palazzo delle Esposizioni, un’area dedicata ad ospitare mostre provenienti da collezioni pubbliche e private. Ma già le sale del palazzo sono un’opera d’arte permanente, con il grande ciclo di affreschi di Agostino, Annibale e Ludovico Carracci, che in diciotto riquadri sviluppa il mito di Giasone e Medea. L’opera fu commissionata ai Carracci da Filippo Fava nel 1584, ed è considerata uno dei capolavori della pittura del rinascimento.
Di fronte a Palazzo Fava si trovano la chiesa di Santa Maria di Galliera e l’ex Oratorio di San Filippo Neri. La chiesa risale al XIV secolo e nel tempo è stata arricchita con la facciata in macigno ricca di statue e con gli affreschi e i dipinti di Francesco Albani, Guercino, Giuseppe Marchesi e altri artisti. L’ex oratorio di San Filippo Neri fu progettato da Alfonso Torreggiani (1682-1764) e all’interno espone sculture di Angelo Pio e dipinti di Francesco Monti, due artisti che bene interpretarono lo spirito del barocchetto bolognese. Ospita anche l’affresco ricollocato Ecce Homo di Ludovico Carracci e l’organo ricostruito in sostituzione di quello distrutto dai bombardamenti delle seconda guerra mondiale. Ancora su via Galliera, di fronte a via Manzoni si apre via Parigi, dove al n. 5 si trova l’oratorio di San Colombano. Costruito alla fine del XVI secolo per contenere la Madonna dell’Orazione di Lippo di Dalmasio (1360-1410).
L’edificio fa parte di un complesso di costruzioni sorte nei secoli intorno al nucleo originale, che è la chiesa di San Colombano, voluta nel 610 dal vescovo Pietro I discepolo del monaco irlandese Colombano, fondatore del monastero di Bobbio. Il complesso è stato restaurato recentemente, e i lavori hanno portato alla luce una cripta di età tardo romanica e un dipinto murale del XIII secolo che ritrae Cristo in croce fra la Vergine e San Giovanni. La chiesetta che ospita l’affresco di Lippo di Dalmasio è particolare per la volta decorata alla fine del XVIII secolo dal quadraturista bolognese Flaminio Innocenzo Minozzi e per gli affreschi di scuola bolognese tardo rinascimentale di Lionello Spada, Lorenzo Garbieri e Lucio Massari. Al piano superiore si può vedere l’aula congregazionale riccamente decorata con opere di pittori bolognesi della scuola dei Carracci, protagonisti della celebre Gloriosa Gara: un ciclo di affreschi ispirati alla Passione e al Trionfo di Cristo. San Colombano ospita anche la collezione di strumenti musicali antichi donata da Luigi Ferdinando Tagliavini e la biblioteca musicale donata dagli eredi del maestro Oscar Mischiati.
Da via Parigi in pochi metri si raggiunge via Montegrappa, dove al n. 15 c’è la chiesa dei Santi Gregorio e Siro, costruita nel 1532 e che ospita preziosi dipinti di scuola bolognese di Annibale e Ludovico Carracci, Camillo Procaccini e Denijs Calvaert, artista olandese e bolognese acquisito. La chiesa fa angolo con via Nazario Sauro, dove ha sede la Biblioteca d’Arte e di Storia nella ex chiesa di San Giorgio in Poggiale, al n. 22: in questo edificio antico sono collocate alcune opere d’arte contemporanea di Claudio Parmiggiani e Piero Pizzi Cannella. L’unione tra antico e moderno trova spazio nella vicina via Marconi, strada nata nel 1936 (dopo lavori di copertura dei canali navigabili) con il nome originale di via Roma, fatta di architettura modernista con senso neoclassico, come ad esempio il Palazzo Lancia che crea l’angolo con via Riva Reno, progettato da Paolo Graziani con ispirazione monumentale e metafisica. Proprio di fronte a Palazzo Lancia, in via Riva Reno n. 57 c’è la Galleria d’arte moderna Raccolta Lercaro a ingresso gratuito che espone opere, tra le altre, di Giacomo Balla e Giorgio Morandi.
Un altro palazzo ad angolo che riprende lo stile razionalista del periodo è il Palazzo del Gas, quasi una cuspide tra via Marconi e via Lame, progettato da Alberto Legnani. Un forte richiamo al periodo lo si trova con il Palazzo Faccetta Nera, di Francesco Santini, con il suo frontale scuro, le geometrie lineari delle finestre e il motivo decorativo in rilievo a losanghe concentriche, unico fino a quel momento.
Risalendo via Marconi si incrocia via San Felice, per tornare all’arte classica con la chiesa di Santa Maria della Carità, al n. 64. Ricostruita nel 1583 e ampliata un secolo dopo, all’interno ospita opere di pittori bolognesi dal XVI al XVIII secolo, tra i quali Giovanni Luigi Valesio, Annibale Carracci, Carlo Cignani, Marcantonio Franceschini, Luigi Crespi e altri.
Non lontano si trova via Calari, dove al n. 4 c’è l’Oratorio di San Rocco: l’interno ha un prezioso ciclo di affreschi eseguiti da allievi dei Carracci a partire dal 1618, e mostrano la vita del santo in undici affreschi alle pareti. Bellissimo è il soffitto decorato a cassettoni con uno straordinario effetto illusorio della prospettiva. L’Oratorio di San Rocco si affaccia su via del Pratello, che si può percorrere tutta in pochi minuti di passeggiata, fino a trovare sulla destra piazza San Francesco, sulla quale domina la Basilica di San Francesco, che attira l’attenzione già dall’esterno, per l’imponenza del suo frontale e per il suo stile gotico.
A fianco della piazza, c’è il cortile della Basilica, con il suo Chiostro dei Morti, alcune tombe di glossatori del XIII secolo, maestri dello Studium bolognese che sul rinnovamento del Diritto Romano crearono la moderna giurisprudenza. Tra le altre si possono vedere le tombe di Accursio, Odofredo e Rolandino Romanzi. Sul lato opposto al chiostro c’è l’ingresso della basilica, la più antica intitolata a San Francesco dopo quella di Assisi. Costruita dal 1236 è il primo esempio in Italia di gotico francese, testimoniato dagli archi absidali esterni, anche se le forme sono ancora ancorate al gotico romano ben presente nella facciata. Il grande campanile è del 1397 ad opera di Antonio di Vincenzo. L’interno, molto suggestivo, è a forma di croce latina a tre navate e la centrale, più alta, ha le volte a sei spicchi come la cattedrale di Notre Dame. Nove le cappelle e molto bello l’altare maggiore con una preziosa pala di marmo, opera dei fratelli Jacobello e Pier Paolo dalle Masegne (1388-1392); di particolare interesse la cappella di S. Bernardino, del XIII secolo, ornata di terracotta e il sepolcro in cotto dell’antipapa Alessandro V realizzato da Niccolò Lamberti nel 1424. La biblioteca del convento annesso alla basilica dispone di oltre 35.000 opere e annoverava anche la preziosa raccolta musicale del compositore padre Giovanni Battista Martini, ora trasferita al conservatorio musicale in piazza Rossini. Tornando sul retro della basilica, e risalendo pochi passi piazza Malpighi, si arriva all’angolo con via Sant’Isaia dove al numero 35 si trova la chiesa ortodossa San Basilio il Grande, nella ex chiesa di Sant’Anna fondata nel 1435 dal cardinale Niccolò Albergati. All’interno si trovano opere d’arte della tradizione orientale ortodossa affiancate ad elementi dell’arte barocca occidentale, in una fusione unica e suggestiva.
DA VEDERE
• Il Museo Civico Medievale
• La chiesa di Santa Maria di Galliera e la sua facciata in macigno
• L’Oratorio di San Colombano
• L’architettura razionalista di via Marconi
DA NON PERDERE
• La statua di Bonifacio VIII al Museo Civico Medievale
• Il ciclo di affreschi dei Carracci a Palazzo delle Esposizioni
• Il soffitto a cassettoni dell’Oratorio di San Rocco
• La Chiesa ortodossa russa di San Basilio il Grande
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